Il moto perpetuo

(dal capitolo 10)

(…)

In questo periodo è capitato che Monica e sua madre stessero via due giorni per recarsi al matrimonio di una cugina. Potevamo andare tutti assieme, ma per Lisa sarebbe stata un’inutile fatica, anche se le feste le piacciono molto. Dopo otto mesi dal parto questa è un’occasione per valutare se Lisa riesce a stare un po’ senza mamma e se io riesco davvero a occuparmi di lei. Spero in questo modo che Monica possa svagarsi e incontrare con maggiore libertà amiche che non vede da tempo. Ho preso due giorni di ferie e ho programmato di gestire Lisa mantenendo il più possibile invariate le sue abitudini; in pratica è come se fosse domenica, con la differenza che Monica non è presente. Invito mio padre a pranzare da noi, così anche lui non si sente solo.Dopo mangiato Lisa si è addormentata, io ne approfitto per riordinare.

Mio padre mi guarda e, un po’ per scherzo un po’ seriamente, dice che sembro una brava mammina. È soltanto una simpatica battuta, che però permette l’avvio di un’interessante chiacchierata sul ruolo del padre e sul rapporto di coppia. Mio padre ha sempre avuto idee molto moderne, ha fatto per tutta la vita il maestro elementare applicando schemi educativi basati sulla valorizzazione delle risorse del singolo bambino; ha quindi gli strumenti per analizzare e riflettere sui cambiamenti avvenuti nell’accudimento dei bambini in questi ultimi anni. Il suo giudizio complessivo è positivo; considera utile e importante il nostro modo di condividere la crescita di Lisa fin dalla nascita, anche se i compiti di Monica sono predominanti sui miei. “La piccola,” dice, “si è abituata a stare bene anche con te, cerca ugualmente la mamma, ma riesce a sopportarne la mancanza e a sostituirla temporaneamente.”

Concordiamo che Lisa da un po’ di tempo sa distinguere tra il papà e la mamma e si comporta con loro in modo diversificato. Ultimamente comunica sempre più con i nonni e mangia volentieri anche da loro. Mio padre ammette che quando io ero piccolo, non era pensabile che lui facesse quello che ora sto facendo; probabilmente ne sarebbe stato capace, e gli sarebbe anche piaciuto, così come ora si diverte a imboccare Lisa o a cambiarle il pannolino quando occorre. In quegli anni però era prevista una divisione di ruoli molto precisa e non discutibile. C’erano lavori da uomo e lavori da donna; i bambini piccoli erano un lavoro da donna, così come guidare un autobus era un lavoro maschile. “Oggi voi giovani papà,” dice, “vi occupate dei neonati e dei lattanti assieme alle madri, lo fate bene e ne traete anche una certa soddisfazione, dovete però stare attenti a non sostituirvi alle donne e a fare tutto ciò senza perdere la vostra identità.”

Il discorso si è fatto serio e impegnativo, però mio padre ha colto il nocciolo del problema. Lo rassicuro e gli faccio notare: “Hai ragione, ma la soluzione viene sempre dal bambino; se partiamo da lui non possiamo sbagliare. Guarda Lisa, è lei stessa a chiedere a me di giocare rotolandoci sul tappeto e alla mamma di essere coccolata quando inciampa e cade. L’allattamento è formidabile per mantenere ben distinti questi piani: Monica ha il seno da succhiare, io ho la tazza da sorreggere; poi Monica può anche dare la tazza e ogni tanto può rotolare con lei sul tappeto, ma lo farà sempre in maniera diversa da me. Stando con me Lisa conosce un mondo differente da quello che conosce con Monica, con lei ha condiviso tutto fin dal concepimento, io invece sono arrivato dopo e le ho fatto scoprire cose diverse. Quando siamo presenti entrambi, sempre più spesso, Lisa ci guarda alternativamente per osservare le nostre differenti reazioni a qualche suo rumoroso richiamo, sembra che voglia metterci alla prova, o che voglia mettere se stessa alla prova: la prova della differenza nell’eguaglianza”.

Intanto nei due giorni senza mamma Lisa ha avuto soltanto un momento di crisi, quando durante la notte si è svegliata e voleva Monica; le ho detto che la mamma dormiva, che non stava bene e che domani l’avrebbe vista. Questa spiegazione le è bastata e si è calmata. Più tardi, riflettendo sull’episodio, mi sono reso conto che alla sua età non poteva comprendere una frase e un ragionamento di questo tipo. Probabilmente ha funzionato il modo tranquillo ma deciso con cui le ho parlato, l’ho convinta perché sono stato rassicurante o forse semplicemente perché ormai mi conosce bene e si fida di me.

(…)

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